Scritto nel 1901, L'anima semplice rappresenta un punto di svolta nello stile narrativo della scrittrice napoletana. Suor Giovanna della Croce, al secolo Luisa Bevilacqua, è costretta, assieme alle altre sorelle, a lasciare il convento di Suor Orsola Benincasa in seguito a un provvedimento dello Stato che prevedeva la requisizione di tutti i beni ecclesiastici.
È a causa di questo episodio che la protagonista del romanzo, dopo trentacinque anni di clausura, non ancora sessantenne, viene espulsa in una Napoli in subbuglio.
Umiliata e offesa, nello stesso momento in cui è costretta a riappropriarsi del suo nome terreno, la donna inizia la sua catabasi in una città-inferno, una discesa terribile che la condurrà fino all'indigenza, in una società che non si preoccupa di garantire la dignità alle donne sole.
Ispirandosi a una storia vera, Matilde Serao, con lo sguardo lucido dell'attenta cronista, allestisce una galleria di ritratti di donne vilipese, ritratti deformi che simboleggiano la miseria umana, e conferma il suo talento per i dettagli senza mai scadere nel folkloristico.
Scritto nel 1901, L'anima semplice rappresenta un punto di svolta nello stile narrativo della scrittrice napoletana. Suor Giovanna della Croce, al secolo Luisa Bevilacqua, è costretta, assieme alle altre sorelle, a lasciare il convento di Suor Orsola Benincasa in seguito a un provvedimento dello Stato che prevedeva la requisizione di tutti i beni ecclesiastici.
È a causa di questo episodio che la protagonista del romanzo, dopo trentacinque anni di clausura, non ancora sessantenne, viene espulsa in una Napoli in subbuglio.
Umiliata e offesa, nello stesso momento in cui è costretta a riappropriarsi del suo nome terreno, la donna inizia la sua catabasi in una città-inferno, una discesa terribile che la condurrà fino all'indigenza, in una società che non si preoccupa di garantire la dignità alle donne sole.
Ispirandosi a una storia vera, Matilde Serao, con lo sguardo lucido dell'attenta cronista, allestisce una galleria di ritratti di donne vilipese, ritratti deformi che simboleggiano la miseria umana, e conferma il suo talento per i dettagli senza mai scadere nel folkloristico.